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  • Capitolo 1VEICOLO ELETTRICO, UNA CORRENTE DI ONDE POSITIVE
  • Capitolo 2UN POTENZIALE E ALCUNI INTERROGATIVI
  • Capitolo 3PASSAGGIO AL VE, UN CAPO DI BUONA SPERANZA
  • Capitolo 4I PAESI DE L'OSSERVATORIO
  • Capitolo 1 VEICOLO ELETTRICO, UNA CORRENTE DI ONDE POSITIVE
    Capitolo 1

    VEICOLO ELETTRICO, UNA CORRENTE DI ONDE POSITIVE

    Con le sue caratteristiche tecniche specifiche, il veicolo elettrico (VE) sembra poter rispondere in parte alle problematiche ambientali, economiche, industriali e sociali. Tuttavia, alcune questioni tecniche e organizzative restano ancor oggi sfide da vincere e potenziali ostacoli al suo sviluppo. Una volta superati tali ostacoli, non c’è dubbio che gli automobilisti potranno finalmente beneficiare appieno di tali potenzialità e vantaggi.

    La fedeltà è un argomento sensibile che mette in gioco questioni legate all'autostima, al rispetto della parola data, quasi alla morale. Il settore dell'automobile non è escluso da tale regola tacita. Tuttavia, dietro tale fedeltà che si esprime soprattutto in prima persona si celano in particolare delle sfumature generazionali, geografiche ed economiche ricche di insegnamenti.

    AMBIENTE: DALLA PROMESSA ALLA REALTÀ

    Un tempo gli automobilisti e le loro famiglie erano legati a un unico marchio. Sceglievamo Ford, Volkswagen o Citroën, in modo categorico e definitivo, talvolta da numerose generazioni.
    Responsabile del 17% delle emissioni di gas serra nel mondo, il trasporto su strada (automobili e camion) rappresenta il terzo settore fonte di emissioni dopo la produzione di energia e l’industria.
    Un impatto sull’ambiente percepibile sia su scala mondiale che locale.

    Le sfide globali della mobilità.
    In occasione della COP21 tenutasi a Parigi a fine 2015, la maggior parte degli Stati si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra (GES) per contrastare il surriscaldamento climatico, in un contesto di sviluppo dei parchi e di utilizzo delle automobili nei paesi emergenti. Se la riduzione delle emissioni per singolo veicolo costituisce una strada verso il conseguimento degli obiettivi prefissati, la “promozione” del veicolo elettrico costituisce una soluzione probabilmente più efficace e più duratura per raccogliere in parte tale sfida.

    Il VE, è pulito.
    Il VE è spesso definito “pulito” in quanto non emette né CO2 né altri gas o particelle “dal serbatoio alla ruota”, ossia senza tenere conto delle emissioni legate alla produzione dell’energia elettrica necessaria al funzionamento delle batterie.
    Deve essere in effetti stilato un vero e proprio bilancio “dal pozzo alla ruota”, con l’integrazione di tali emissioni rilevate a monte (Fig. 1). In teoria, dovrebbe essere misurato per ciascun tipo di centrale o fonte di produzione di energia elettrica.
    Viene perlopiù calcolato per il “mix energetico” di una zona geografica o di un paese.
    “Dal pozzo alla ruota”, il VE domina sulla benzina e sul gasolio in termini di emissioni di CO2 in quasi tutti i casi analizzati. I motori termici classici superano il VE soltanto laddove l’energia elettrica viene generata a partire dal carbone.
    Con l’elettricità generata sostanzialmente dal nucleare e dall’idroelettrico, i VE francesi e norvegesi si dimostrano particolarmente ecosostenibili mentre quelli degli Stati Uniti e, in misura maggiore, della Cina non sono ancora alimentati con fonti di energia primaria adeguate (Fig. 2).
    In prospettiva, il VE manterrà un vantaggio sempre maggiore se la produzione di elettricità non deriverà dal carbone, con un maggiore ricorso alle energie rinnovabili come da impegno assunto dai firmatari della COP21.

    Tenere conto del ciclo di vita.
    Un bilancio che possa dirsi effettivamente globale deve basarsi anche su un’analisi completa del ciclo di vita del VE e tenere conto in particolare di quello della batteria, dalla costruzione alla gestione del fine vita. Una relazione dello studio Ricardo stima che la produzione di un’auto “media” a benzina comporta emissioni equivalenti a 5,6 tonnellate di CO2 mentre sono pari a 8,8 tonnellate per un’auto elettrica equivalente, di cui quasi la metà dedicate alla produzione della batteria. La medesima relazione stima tuttavia che, sull’intero ciclo di vita, l’auto elettrica sarà responsabile soltanto dell’80% delle emissioni dell’auto a benzina.

    L’impatto della batteria.
    A monte, la produzione della batteria ha innanzitutto impatti ambientali molto negativi nei paesi in via di sviluppo in cui litio, cobalto, nichel o manganese, necessari alla produzione della stessa, sono estratti, trattati e trasformati. È inoltre opportuno accertarsi che l’aumento della produzione avvenga nel rispetto dei criteri di sviluppo sostenibile. Lo stesso vale per la trasformazione delle celle e la produzione delle batterie oggi localizzate prevalentemente in Asia. A valle, il riciclo dei componenti della batteria è anch’esso fondamentale non soltanto per il bilancio ambientale del VE, ma anche per il suo costo. Il difficile recupero dei materiali rari consente di ridurre i costi di riciclo oltre a garantire l’autofinanziamento delle strutture dedicate.
    A partire dal 2006, la legge impone in Europa il riciclo del 50% della massa delle batterie agli ioni di litio.

    Un veicolo utile in sosta.
    In una logica ambientale, il VE dimostra la sua rilevanza anche in caso di immobilità. Un veicolo privato trascorre la maggior parte del tempo in sosta. In caso di picchi della domanda di energia elettrica, l’elettricità disponibile nelle batterie potrebbe contribuire alla stabilizzazione delle reti elettriche, dato che il veicolo sarebbe collegato alla rete con un sistema detto Smart Grid (rete intelligente). Queste stesse batterie permetterebbero inoltre di stoccare la produzione di energia rinnovabile, per natura intermittente, che non è necessariamente disponibile al bisogno. Tali scambi bidirezionali dalla rete alla batteria potranno proseguire in una seconda vita. Dopo aver perso una parte importante della loro capacità primaria, possono essere smontate dai VE e installate, ad esempio, in immobili a uso abitativo per continuare a svolgere il loro ruolo di supporto alla rete.

    L’assenza di inquinanti, una risorsa locale.
    Sebbene il bilancio globale di CO2 non sia positivo in tutti i casi analizzati, su scala locale, l’interesse del veicolo elettrico lo è indiscutibilmente. Senza combustione, non ci sono emissioni. Senza tubo di scappamento, non ci sono scarichi. Un VE non emette ossido di azoto, composti organici volatili, particelle o altri gas nocivi. Gli pneumatici e le pastiglie dei freni rilasciano materiale sulle strade, ma il sistema di freno motore e di recupero di energia del VE limita le perdite e le emissioni. I polmoni dei cittadini ne possono solo guadagnare così come le loro orecchie. L’auto elettrica non rilascia quasi alcuna emissione sonora. Sono percepibili soltanto i rumori legati alla marcia e allo spostamento dell’aria. Come vedremo in seguito, questo elemento essenziale non è sfuggito agli intervistati de L’Osservatorio Cetelem che, nel 90% dei casi, dichiarano che il VE è silenzioso e non inquinante in città.

    IL POTERE ALLE AUTORITÀ PUBBLICHE

    Per sbloccare la situazione, sviluppare una nuova filiera e modificare le abitudini di acquisto radicate da oltre un secolo, le politiche pubbliche sono indispensabili.
    Una sensibilizzazione su scala internazionale Allo stato attuale, le politiche pubbliche non sono sempre chiaramente percepite, ma fermamente
    rispettate dal 70% degli intervistati nell’ambito del presente studio (Fig. 3). Esistono programmi a favore del veicolo elettrico, seppur a diversi livelli.
    A livello europeo, le norme Euro impongono alle case automobilistiche di ridurre le emissioni di inquinanti dal “serbatoio alla ruota”, disposizione
    che di fatto favorisce il VE. Su scala nazionale, la maggior parte dei paesi promuove anche lo sviluppo del VE attraverso misure coercitive e allo
    stesso tempo promozionali. La messa in strada dei veicoli più inquinanti è scoraggiata dalle imposte e dalle quote restrittive, mentre le immatricolazioni dei veicoli virtuosi come il VE sono sostenute attraverso diverse forme di sovvenzioni.


    Supportare la transizione a livello finanziario.
    Le principali misure di supporto si concentrano sui premi e le sovvenzioni per ridurre il divario di costo tra i VE e i loro equivalenti termici. Programmi di sostegno al finanziamento dell’infrastruttura delle colonnine di ricarica e all’istituzione di sistemi di mobilità mediante auto elettriche pubbliche e in modalità car-sharing sono anch’essi necessari.
    Oggi, l’ascesa del veicolo elettrico può avvenire soltanto grazie a incentivi finanziari solidi e duraturi.
    Misure di sostegno “indirette” come la gratuità dei pedaggi urbani e dei parcheggi o l’accesso alle corsie riservate agli autobus, potrebbero generare tale slancio.
    In Norvegia, le misure di sostegno pubblico sono state molteplici e ambiziose. Gli aiuti di Stato hanno reso il VE più economico, mentre le norme urbane gli hanno concesso una serie di agevolazioni a livello di parcheggio e di sosta. Risultato: il VE rappresenta oggi il 21% del totale delle vendite. Di contro, la cancellazione o la riduzione troppo rapida delle sovvenzioni prima che il costo di utilizzo delle auto elettriche sia sceso al di sotto di quello dei veicoli termici blocca la crescita delle vendite. Tale fenomeno, per esempio, è stato constatato in Danimarca.

     

    Il caricamento è adesso.
    Poiché la batteria del veicolo elettrico deve essere ricaricata regolarmente, disporre di un accesso a un punto di ricarica costituisce un valore aggiunto. Per gli abitanti di un’abitazione singola, la dotazione di un dispositivo di ricarica non pone alcun problema, con una ricarica notturna particolarmente facile. Per i residenti in condominio, è auspicabile che il parcheggio sia dotato di un allacciamento alla rete. In caso contrario, il quadro normativo potrebbe agevolare tale possibilità. Altra soluzione, la carica sul posto di lavoro. Anche in questo caso, una regolamentazione e una tassazione idonee consentirebbero di accelerare la messa a disposizione di punti di ricarica nel mondo delle imprese.
    Tuttavia, la sola capacità di ricarica a domicilio o presso il luogo di lavoro non sarebbe in grado di soddisfare tutte le esigenze e soprattutto rassicurare totalmente chi si preoccupa dei guasti.
    Tenuto conto dei limiti attuali in termini di autonomia e l’impossibilità di scambiare le batterie scariche con quelle cariche, l’implementazione di una rete di ricarica lungo la rete stradale appare necessaria per rassicurare gli automobilisti più titubanti e coloro che desiderano un veicolo unico per tutti i tipi di tragitti. E non un’infrastruttura qualsiasi.
    Idealmente, colonnine di ricarica rapide, e quindi più costose, installate in particolare sulle autostrade.
    Si pone quindi il problema del tipo “l’uovo e la gallina”. Le colonnine di ricarica saranno installate soltanto se un numero sufficiente di VE si
    allacceranno per renderle redditizie, ma circolerà un numero sufficiente di VE soltanto in presenza di un numero sufficiente di colonnine lungo la rete stradale... Le autorità pubbliche devono ancora una volta intervenire e garantire sul fronte degli operatori autostradali ed energetici una parte del rischio e del finanziamento delle reti infrastrutturali.

    Nel 2016, il numero di punti d’accesso di ricarica pubblici ha registrato un aumento alla stessa velocità di quello del numero di VE sulle strade. La
    stragrande maggioranza dei VE si ricaricava presso accessi privati (Fig. 6).

    Favorire i sistemi di mobilità mediante auto elettrica.
    Gli esperti sono concordi nell’affermare che il VE sarà ancor più interessante a livello di piani economici e ambientali se sarà utilizzato in modo intensivo. Basti pensare agli ultimi chilometri delle consegne di merci in città, alle flotte condivise di veicoli aziendali o a quelli destinati ai servizi di mobilità condivisa (flotta di car-sharing).
    Il coordinamento e l’articolazione delle politiche pubbliche a livello nazionale e locale (città e poli urbani) si rivelano quindi indispensabili per la promozione e lo sviluppo del VE. Da una parte, l’aumento dei volumi generato da tali offerte di VE condivisi garantirà un calo dei costi di produzione delle batterie attraverso un effetto di scala accelerato.
    Dall’altra, preparerà e abituerà l’opinione pubblica e gli automobilisti alle scelte individuali future.

     

    Ben oltre la protezione dell’ambiente.
    Salvare il pianeta, migliorare la qualità dell’aria nelle città, ridurre la dipendenza dal petrolio senza incorrere in un’altra dipendenza come il nucleare, le sfide sono numerose e di primaria importanza per i governi. Tuttavia, il progetto di costruzione di una filiera elettrica e la distruzione di un’altra, quella dei veicoli termici, richiederà tempo e dovrà essere accuratamente gestita. In caso contrario, l’industria automobilistica europea potrebbe, ad esempio, risentire della diminuzione degli sbocchi per l’esportazione di veicoli termici sostituiti dai VE in Cina... Il Regno di Mezzo stimola tale mercato più di ogni altro paese in termini di miglioramento della qualità dell’aria delle sue città, ma anche di imposizione della propria leadership industriale in questo settore.

    UN’AVVENTURA OBBLIGATA PER LA FILIERA AUTOMOBILISTICA

    Un numero sempre maggiore di paesi e di città hanno vietato a lungo termine la vendita dei veicoli termici. I Paesi Bassi nel 2030, la Scozia nel 2032, la Francia nel 2040, Parigi 10 anni prima.
    Una scelta che non è più tale.
    Le zone a deboli emissioni con un accesso limitato di veicoli a benzina e diesel sono già numerose su scala mondiale. Le quote imposte in termini di messa in strada di VE esistono da tempo negli Stati Uniti e saranno istituite il prossimo anno in Cina. Se si aggiungono le norme di riduzione di CO2 sempre più severe, le case automobilistiche non hanno altra scelta se non di proporre i VE.
    Cambio di programmi.
    Più o meno rapidamente, con maggiore o minore intensità, anche soltanto per una questione di immagine, tutte le case automobilistiche hanno iniziato a sviluppare programmi specifici. Sono stati creati dei marchi (Polestar per Volvo, EQ per Mercedes, Sol per Volkswagen in Cina…), vengono
    effettuati ingenti investimenti in R&S, vengono installate nuove capacità di produzione dedicate.
    Maggiore autonomia, ma non a qualunque prezzo.
    Le sfide tecniche e di marketing rivestono la stessa importanza delle sfide ambientali e industriali.
    Per guadagnarsi il favore dei clienti è necessario immettere sul mercato dei VE delle batterie che consentono un raggio di spostamento sufficiente e una ricarica più rapida possibile. Non soltanto per garantire il 90% delle esigenze quotidiane limitate ad alcune decine di chilometri, ma anche per rari spostamenti lontani, intimamente connessi all’idea che si fanno gli automobilisti di una “vera” auto. Tuttavia, la problematica dello stoccaggio dell’elettricità è vecchia come... l’elettricità.
    Le possibilità e le soluzioni tecniche esistono, ma i progressi saranno validi soltanto se condivisi da tutti. In altre parole, se il potenziamento delle batterie non si traduce in costi proibitivi e insostenibili per gli automobilisti comuni.
    Innovare per imporre l’elettricità.
    La filiera si organizza, le ricerche registrano un’accelerazione, si intrecciano partenariati tra case automobilistiche ed esperti di chimica della batteria o del riciclo e le difficoltà sembrano sul punto di essere superate. Nonostante i progressi constatati in termini di autonomia, di rapidità di ricarica, di sicurezza e di durata, il costo delle batterie è in calo da diversi anni. L’aumento programmato dei volumi lascia sperare in un calo protratto dei prezzi (Fig. 7 e Fig. 8).
    Ancora meglio, la nuova tecnologia definita della batteria solida potrebbe rivoluzionare il VE nei prossimi cinque anni. Per un costo notevolmente ridotto, l’autonomia sarebbe più che raddoppiata e la velocità di carica limitata ad alcuni minuti. Si intravede la prospettiva di disporre di un’auto elettrica più pratica e più competitiva di qualsiasi altra motorizzazione.

    Le nuove generazioni di celle a combustibile a idrogeno (“Fuel Cell”) sono spesso presentate come il futuro del veicolo elettrico. Sebbene i modelli si contino sulle dita di una mano e la rete di distribuzione di idrogeno rimanga allo stadio embrionale, questa tecnologia offre allettanti promesse con tempi di ricarica da 3 a 5 minuti per percorrere 700 chilometri.

     

    Uno sviluppo senza poter fare retromarcia.
    Nel 2017, le vendite di VE hanno raggiunto 1,2 milioni di unità nel mondo, ossia un aumento del 60% rispetto al 2016 (Fig. 9). Tuttavia, tale dato rappresenta soltanto l’1,5% delle vendite di auto nuove. Tali vendite risultano inoltre concentrate a livello geografico. 8 paesi (Cina, Stati Uniti, Giappone, Norvegia, Regno Unito, Francia, Germania e Svezia) rappresentano complessivamente il 90% delle vendite mondiali. E con 600.000 unità, di cui l’80% di veicoli elettrici e il 20% di veicoli ibridi ricaricabili, la Cina domina il mercato.
    Rimane dunque un potenziale di crescita rilevante per ammortizzare gli investimenti effettuati dagli industriali per lo sviluppo del VE. Le ambizioni delle case automobilistiche in termini di volumi sono infatti enormi. Se in passato, gli annunci e i progetti delle case automobilistiche non sono stati sempre rispettati, il movimento scatenato sembra ormai irreversibile. Nel momento in cui si passa da una soluzione di nicchia a uno sviluppo di massa, la percezione attuale e futura del VE da parte degli automobilisti e le loro aspettative diventano più cruciali.

  • Capitolo 2 UN POTENZIALE E ALCUNI INTERROGATIVI
    Capitolo 2

    UN POTENZIALE E ALCUNI INTERROGATIVI

    L’automobile rappresenta il bene di consumo più durevole e più costoso. L’acquisto di un’auto costituisce quindi un atto importante. Per quanto fondamentali siano le sfide ambientali o macroeconomiche, agli occhi dell’automobilista si profilano condizioni e criteri indispensabili da soddisfare per guadagnarsi i suoi favori. E il veicolo elettrico non fa eccezione. Certamente la sua tecnologia segna una rottura, ma rimane innanzitutto e soprattutto un veicolo. Sebbene comporti spesso una dimensione emotiva, l’atto di acquisto di un’auto risponde sostanzialmente a un’esigenza di mobilità. Per determinare il potenziale e il futuro del veicolo elettrico, è quindi opportuno verificare se le diverse caratteristiche dello stesso sono compatibili con le aspettative degli automobilisti.

    L'Autonomia, un'importante rivendicazione.

    Visione a breve termine.
    L’83% degli intervistati afferma che tale limite rappresenta la caratteristica del veicolo elettrico, i tedeschi si mostrano più nclini a pensarlo (93%), mentre sono relativamente meno i turchi dello stesso parere (69%) (Fig. 10). Per il 70% di questi, tale caratteristica rafforza l’immagine di un veicolo riservato agli automobilisti che percorrono brevi spostamenti. Ancora una volta, i tedeschi sono i più numerosi ad affermarlo (86%) mentre i portoghesi sono lontani dal condividere in modo altrettanto netto tale punto di vista (59%).
    Spingersi sempre più lontano.
    L’autonomia insufficiente appare tre le prime 3 ragioni per le quali gli intervistati rifiutano di acquistare un VE con il 42% che sottolinea tale difetto (Fig. 11). Il 57% la valuta, a giusto titolo, tra i 100 e i 300 km. Ad eccezione dei modelli Tesla che sono fieri dei loro 500 km, l’autonomia della maggior parte dei veicoli elettrici presenti sul mercato europeo rientra in tale intervallo. A titolo esemplificativo, la Citroën C-Zero, la Renault ZOE ZE 22 kWh e la Volkswagen e-Golf 7 dichiarano rispettivamente un’autonomia della casa automobilistica di 150 km, 210 km e 300 km. Inoltre, gli automobilisti sono ben coscienti del divario esistente tra dati dichiarati e realtà. Una differenza dovuta allo stile di guida, all’utilizzo degli elementi di comfort come la climatizzazione, il riscaldamento, la radio e soprattutto al clima - l’autonomia delle batterie viene drasticamente ridotta nei periodi di freddo intenso.

    In teoria, l’autonomia della batteria non dovrebbe quindi essere un freno in quanto l’86% degli intervistati percorre meno di 100 km al giorno. Sebbene il veicolo elettrico possa risultare conveniente per la maggior parte di tali automobilisti, la limitazione e la pianificazione dei tragitti, la gestione della carica e l’angoscia di subire guasti prendono il sopravvento. La barriera è quindi più psicologica che funzionale. La reticenza verso l’adozione del veicolo elettrico rimarrà forte finché l’autonomia delle batterie non evidenzierà progressi più significativi. Il 40% degli automobilisti si dichiara pronto ad acquistare un veicolo elettrico soltanto quando l’autonomia supererà i 400 km (Fig. 12).

    LE RAGIONI DELLA FEDELTÀ

    Poter sempre ricaricare le batterie.
    Associata ai limiti di autonomia delle batterie, la necessità di un accesso regolare a un punto di ricarica è fondamentale. L’88% degli intervistati associa l’utilizzo di un veicolo elettrico all’obbligo di avere accesso a un punto di ricarica a domicilio o sul posto di lavoro (Fig. 13). Per molti si tratta di un vincolo che comporta un adeguamento della propria abitazione, in quanto l’installazione di una presa di ricarica compatibile comporterebbe un ulteriore costo.
    D’altronde, questo elemento appariva in Spagna, in Norvegia, negli Stati Uniti, in Brasile, in Polonia e in Turchia come un ostacolo all’acquisto di un veicolo elettrico.
    Tuttavia, poiché l’82% degli intervistati dispone di un posteggio in uno spazio privato o al coperto, l’accesso a un punto di ricarica potrebbe quindi, tecnicamente, non costituire un freno all’adozione di un veicolo elettrico. A ciò si aggiunge che il costo dell’installazione di una colonnina di ricarica
    domestica è a carico dell’automobilista. In Francia, il prezzo di un tale dispositivo oscilla tra i 1.000 e i 2.000 euro, con un credito d’imposta del 30%.

    Gli automobilisti si aspettando di più dall’offerta delle colonnine di ricarica presenti lungo le strade pubbliche: il 76% degli intervistati ritiene che le attuali infrastrutture siano ampiamente insufficienti (Fig. 14) e il 60% ritiene che le colonnine siano mal posizionate (Fig. 15). Il caso della Norvegia, simbolo dell’auto elettrica, è emblematico.

    Il paese è in effetti travolto dal successo delle sue misure di incentivazione. A Oslo, i 1.300 punti di carica non sono più sufficienti a soddisfare le esigenze delle circa 80.000 auto elettriche e ibride ricaricabili in circolazione.
    La pianificazione e l’ottimizzazione dei tragitti lunghi che implicano una ricarica della batteria sono talvolta rese più complicate dall’incompatibilità tra presa e cavo di ricarica. Per semplificare il dispositivo di ricarica, nel 2014 in Europa è stata avviata una procedura di uniformazione delle tipologie di prese con una norma europea che si concentra esclusivamente sulle colonnine dette di tipo 2.

     

     

    Guadagnare tempo.
    Che sia a domicilio o in un contesto pubblico, la questione del tempo di ricarica della batteria è fondamentale. Il 75% degli intervistati associa il veicolo elettrico a lunghi tempi di ricarica della batteria (Fig. 16) e il 70% esige una durata di ricarica inferiore a 45 minuti per essere interessato a un veicolo elettrico (Fig. 17). Se tali prestazioni sembravano irrealizzabili qualche anno fa, oggi diventano ipotizzabili. Mentre la ricarica a domicilio di una batteria all’80% necessita di circa una decina di ore, la potenza delle colonnine pubbliche riduce notevolmente tale durata. L’installazione massiccia delle colonnine “fast charge” nei prossimi anni accontenterà gli automobilisti più reticenti assicurando una ricarica all’80% in soli 30 minuti.

    IL VE, È PER LA CITTÀ!

    Il veicolo elettrico vanta diversi argomenti per riconciliare la città e l’auto.
    Urbano per eccellenza.
    È in effetti ciò che pensa il 68% degli intervistati (Fig. 18). Il 65% concorda sul fatto che il VE consente di sottrarsi ai vincoli urbani imposti alle auto (Fig. 19). Questa percentuale è ancora maggiore nei paesi che applicano severe restrizioni a livello di circolazione per i veicoli termici. L’81% in Cina,  ’86% in Italia, l’84% in Spagna, il 78% in Messico, il 70% in Belgio, il 68% nel Regno Unito e il 66% in Francia.
    Il veicolo elettrico appare come soluzione efficace per limitare l’inquinamento sonoro creato dal traffico stradale, con il 92% degli intervistati che apprezza molto la sua silenziosità.
    Un’offerta non veramente modello?
    Se il VE appare come un veicolo destinato ad avere successo in città, è necessario comunque che l’offerta sia interessante. L’86% degli intervistati ritiene che è ancora disponibile un numero troppo ridotto di modelli (Fig. 20). A rigor di logica, i norvegesi sono i meno numerosi a condividere tale affermazione (64%). Sebbene le case automobilistiche abbiano fatto a gara per approfittare del potenziale del mercato, i modelli venduti sono gli stessi proposti negli altri paesi europei. Sembrerebbe dunque che gli automobilisti diventino meno esigenti con l’esperienza di utilizzo. Contrariamente a ciò che sembra pensare la maggior parte degli intervistati, esiste una diversificazione dei modelli di veicoli elettrici relativamente importante. Marchi europei (Renault, Peugeot, BMW, Volkswagen, Smart…), giapponesi (Nissan, Mitsubishi…), sudcoreani (Hyundai, Kia…), cinesi (Baic, BYD, Zhidou, Byton, Kandi…) e americani (Tesla, Ford…) coprono i segmenti dalle city-car alle utilitarie, passando per le berline e le monovolume. Tuttavia, i modelli più recenti, seppur in teoria disponibili, richiedono in genere tempi d’attesa lunghi se non molto lunghi prima della consegna.

     

     

    UNA CONCORRENZA RELATIVA

    Con le sue peculiarità, il VE può tecnicamente risultare conveniente per l’utilizzo da parte di un numero elevato di automobilisti.
    Per essere adottato in via definitiva, rimane un ultimo scoglio da superare: quello della concorrenzialità.
    La maggior parte delle famiglie sceglierà una soluzione elettrica soltanto se vantaggiosa sul piano finanziario.

    Un costo d'acquisto ritenuto superiore.
    Per l’86% degli intervistati, un veicolo elettrico ha un costo d’acquisto maggiore rispetto al suo equivalente termico (Fig. 21). Tale dichiarazione è confermata dai fatti, in quanto un veicolo elettrico rimane complessivamente più costoso rispetto a un veicolo termico, prevalentemente in ragione del costo della batteria. Per gli automobilisti, è l’argomento numero 1 che giustifica il fatto di non voler acquistare un veicolo elettrico e ciò nei 16 paesi che partecipano allo studio (Fig. 22).
    I cinesi e i norvegesi fanno in parte eccezione in  merito (65% e 64%). I cospicui incentivi finanziari di cui beneficiano per l’acquisto di un veicolo elettrico mitigano probabilmente la loro opinione. Cina e Norvegia non sono tuttavia gli unici paesi a proporre tali incentivi finanziari. È interessante notare che il 49% degli intervistati non sa se nel proprio paese siano disponibili sovvenzioni o incentivi per l’acquisto di un veicolo elettrico e soltanto il 32% dichiara di esserne a conoscenza (Fig. 23). Con rispettivamente il 65% e il 55% degli intervistati che dichiara di essere a conoscenza degli aiuti finanziari per l’acquisto di un veicolo elettrico, cinesi e francesi ritengono di essere i meglio informati e ciò riflette la volontà dei rispettivi governi di comunicare informazioni in merito.

     

    La necessità di ricevere aiuti finanziari.
    Anche questo vantaggio in termini di utilizzo non è comunque sufficiente per convincere definitivamente gli automobilisti. Percepito come proibitivo, il costo di acquisto gli fa da scudo. Considerando l’insieme dei costi legati al VE, il 38% lo trova un po’ più costoso e il 35% molto più costoso (Fig. 26). Di conseguenza, il 42% degli intervistati non desidera compiere alcuno sforzo per acquistare un VE e soltanto il 28%  accetterebbe di compiere uno sforzo inferiore al 10% del prezzo della versione termica (Fig. 27).
    Gli incentivi finanziari sono quindi fondamentali per ridurre il costo di acquisto e il divario di costo totale di possesso (TCO) tra auto elettriche e tradizionali. Risultano particolarmente indispensabili in questa fase attuale di implementazione della tecnologia per attivare e rafforzare un circolo virtuoso. Un circolo strutturato intorno all’aumento delle vendite, all’intensificazione della produzione e al miglioramento della tecnologia, in particolare la prestazione delle batterie che contribuirà a eliminare il freno finanziario.

    L’aspettativa di vita delle batterie è discutibile.
    Il tema è decisamente ricorrente, le batterie cristallizzano le problematiche del VE. Il 71% degli
    automobilisti ritiene la loro durata di vita troppo breve (Fig. 28). Il 27% la stima a 3-4 anni, il 20% a 5-10 anni e soltanto il 4% a oltre 10 anni (Fig. 29).
    La loro perdita di capacità è assolutamente reale, seppur progressiva. Sebbene possano essere sottoposte a un numero definito di cicli di carica e di scarica, non perdono tutta la loro capacità, ma una parte non trascurabile della stessa. Al di sotto del 75% non sono più propriamente idonee alle esigenze delle automobili. Per una batteria al litio, i primi feedback indicano una durata di vita di una decina d’anni. Le case automobilistiche propongono una garanzia di circa 5 anni per gli automobilisti che desiderano acquistarla (8 anni per Tesla). Per coloro che preferiscono il noleggio, le case automobilistiche le cambiano al di sotto del 70%. Una garanzia, ma un costo aggiuntivo, per coloro che temono l’obsolescenza della propria batteria.

    Rivendere sì, ma a quale prezzo?
    Quando si tratta di adottare una nuova tecnologia, essere in grado di stimare il valore residuo del proprio veicolo e rivenderlo facilmente può rivelarsi rassicurante. Tuttavia l’84% degli intervistati ritiene che non si conosce ancora l’evoluzione della quotazione dell’usato e quindi il valore dei veicoli al momento della rivendita (Fig. 30). Una valutazione resa particolarmente difficile dal fatto che circa un terzo del valore è racchiuso nella batteria la cui capacità diminuisce progressivamente e nel numero molto limitato di VE sul mercato. Il 74% degli automobilisti intervistati è d’accordo su tale numero ridotto (Fig. 31). Non sorprende che i norvegesi facciano eccezione in merito (49%), la maggiore maturità del mercato locale giustifica infatti l’arrivo precoce dei VE usati.
    D’altronde, i progressi folgoranti realizzati sui nuovi modelli contribuiscono al rapido calo della quotazione dei veicoli elettrici e generano ulteriore incertezza tra i futuri acquirenti. A titolo esemplificativo, la ZOE di nuova generazione, commercializzata a inizio 2017, offre un’autonomia quasi doppia, rendendo i primi modelli meno interessanti.
    Al fine di rassicurare i potenziali acquirenti, le case automobilistiche creano marchi od offerte specifiche interamente dedicati alla rivendita di un VEU (veicolo elettrico usato), come il Nissan Club e l’Occasione ZE presso Renault. Un buon motivo per incoraggiare gli automobilisti a fare questo passo  vincolandosi, in parte, dal prezzo elevato di un VE nuovo pur contando sui marchi delle case automobilistiche per garantirsi l’affidabilità del loro veicolo usato.
    Sviluppato da molto tempo nei paesi anglosassoni e sempre più apprezzato altrove, il leasing di automobili offre anch’esso una soluzione di fronte all’angoscia generata dalla durata della batteria. In effetti, noleggiando il VE o la sua batteria per 3 o 4 anni come spesso accade, si tengono sotto controllo il rischio e il timore di viaggiare a lungo con una batteria ormai superata. Analogamente, negoziata in via preventiva a monte, l’incertezza legata al valore residuo della batteria scompare.

  • Capitolo 3 PASSAGGIO AL VE, UN CAPO DI BUONA SPERANZA
    Capitolo 3

    PASSAGGIO AL VE, UN CAPO DI BUONA SPERANZA

    In materia di mobilità, il veicolo elettrico presenta numerosi vantaggi. Sul piano economico, ad alcune condizioni e in un orizzonte temporale relativamente vicino, è probabile che ci saranno argomentazioni da far valere. Ma l’acquisto di un veicolo non coinvolge soltanto la sfera della razionalità. La forza dell’abitudine, i gusti, le percezioni e gli atteggiamenti, numerosi criteri emotivi e quindi soggettivi vengono presi in considerazione al momento della scelta.

    MAGGIORI INFORMAZIONI

    Una grado di conoscenza
    soddisfacente Il 69% dichiara di conoscere il VE e di sapere come funziona (Fig. 32). Sorprendentemente, Norvegia e Cina, pionieri del VE, non contano la percentuale maggiore di automobilisti esperti, mentre Polonia, Turchia e Italia costituiscono il trio di testa in quest’ambito.
    Informazioni mancanti
    Ma conoscere non significa sapere. Il 70% degli intervistati dichiara di non disporre di informazioni sufficienti (Fig. 33). Tale carenza di informazioni raggiunge anche quota 83% in Giappone, paese in cui hanno sede le case automobilistiche Nissan e Toyota, che vantano una massiccia presenza sul mercato del VE e dell’ibrido. La divulgazione di informazioni a 360° relative alle prestazioni effettive del veicolo elettrico, alla disponibilità di aiuti pubblici per l’acquisto e ai feedback dei primi utilizzatori consentiranno di modificare la percezione del veicolo elettrico.

    UNA MATURITÀ ECOLOGICA

    Sebbene, al momento, l’argomentazione economica non sia al 100% a favore del VE, il suo impatto positivo sulla qualità dell’aria potrebbe forse spostare l’ago della bilancia. Quasi il 90% degli intervistati ritiene il VE ecologico (Fig. 34). Su tale questione, i norvegesi sono leggermente indietro rispetto agli altri paesi (73%). Una maggiore familiarità con il VE li rende più cauti in merito.
    Elettricità di origine controllata.
    L’89% degli intervistati ritiene che l’utilizzo massiccio di veicoli elettrici nelle zone urbane densamente popolate consentirà di ridurre in maniera significativa l’inquinamento (Fig. 35). Con grande lucidità, tuttavia, la maggior parte degli intervistati sottolinea anche che la non nocività a livello ambientale globale del VE dipende dalle modalità di produzione dell’elettricità (Fig. 36). Il 76% appoggia l’idea di utilizzare un VE la cui elettricità proviene da energie rinnovabili, mentre soltanto il 15% degli intervistati sarebbe favorevole all’idea di viaggiare su un VE la cui energia elettrica sarebbe estratta dal carbone.

     

     

    Le batterie ancora una volta sotto i riflettori.
    Un altro punto di frizione a livello ambientale: le batterie. La loro fabbricazione e il loro riciclo generano una quantità massiccia di CO2 e comportano l’utilizzo di materiali rari le cui condizioni di estrazione sono discutibili, sia sul piano ambientale che sociale. Gli intervistati ne sono consapevoli in quanto l’82% conviene sul fatto che l’utilizzo di tali materiali rari e la produzione e il riciclo delle batterie usate pongano un serio problema ambientale (Fig. 37).

    UNA SCELTA A VALORE AGGIUNTO

    In un mondo in cui la scelta di un veicolo non è ancora totalmente neutra, l’85% degli intervistati afferma che il VE riflette un’immagine positiva, moderna e responsabile (Fig. 38). Non sorprende che i norvegesi siano i più numerosi a condividere questa dichiarazione, in quanto l’utilizzo massiccio del veicolo elettrico in Norvegia ne ha reso scontato l’utilizzo.

    Un piacere di guida sorprendente.
    Questo atteggiamento positivo non è tuttavia sinonimo di una forma di elitarismo automobilistico. Soltanto 1 intervistato su 2 ritiene che il VE sia destinato agli appassionati delle automobili sofisticate (Fig. 39). Condiviso dalla maggioranza delle persone in Brasile (72%), Messico (68%), Turchia (66 %) e Sudafrica (67%), questo punto di vista è ampiamente minoritario in Cina (37%) e in Norvegia (33 %). In quanto il VE è associato più al piacere che alla raffinatezza. Un criterio determinante in un’epoca caratterizzata dalla ricerca dell’edonismo. L’86% ritiene il VE piacevole e agile da guidare (Fig. 40) e l’84% pensa che parta rapidamente conferendo quindi una sensazione di potenza istantanea (Fig. 41). Assenza della leva del cambio e del pedale della frizione, ecco gli argomenti che favoriscono una guida piacevole in città. Gli stessi conferiscono tuttavia ad alcuni una sensazione di perdita di controllo rispetto al veicolo termico. La silenziosità dell’abitacolo è in genere apprezzata, seppur talvolta destabilizzante, se non angosciante, in particolare in relazione ai pedoni.

     

    Fiduciosi, ma non incoscienti.
    Il VE è fonte di alcuni timori persistenti. Tra gli intervistati che non intendono acquistare un VE, il 16% dichiara di non fidarsi (Fig. 42). Tale percentuale è eterogenea: cinesi, brasiliani e portoghesi sono i più fiduciosi rispetto ai più diffidenti americani e norvegesi. Innanzitutto, il timore di subire un guasto e la presunta mancanza di affidabilità rispetto al veicolo termico sono rilevanti. 1 su 2 segnala la mancanza di affidabilità del VE (Fig. 43). Non avendolo probabilmente mai utilizzato, il 41% ritiene il VE pericoloso. Ma soltanto il 10% di coloro che non hanno intenzione di acquistarlo cita la pericolosità come ragione per il mancato acquisto (Fig. 44). Sebbene sia vero che le batterie agli ioni di litio siano sensibili ai cortocircuiti, i casi di incidente del veicolo elettrico legati a un’esplosione della batteria sono rarissimi. Per attenuare tale timore, le case automobilistiche scommettono su una nuova generazione di batterie più sicure, le batterie solide, dotate di un elettrolita che garantisce una maggiore stabilità.

     

    UN FUTURO PROMETTENTE, SÌ MA...

    L’auto elettrica dà adito a paradossi.
    Gli automobilisti la conoscono, ma non hanno informazioni. È un’auto pulita, a condizione di utilizzare un’elettricità “priva di carbone”, ma l’impatto ambientale delle batterie non è trascurabile.
    L’essenza di un futuro di successo Offre un piacere di guida seducente, ma affidabilità e sicurezza rimangono discutibili. Le quote di mercato attuali sono ancora limitate, ma le intenzioni di acquisto sono decisamente superiori, attestandosi rispettivamente al 57% per l’ibrido e al 43% per l’elettrico tra 1 e 5 anni (Fig. 45). In quanto no, il VE non si riassume in un effetto di moda, soltanto il 37% lo considera tale (Fig. 46). E sì, il veicolo elettrico ha un futuro, perfino un bel futuro. L’ 85% degli automobilisti ne è convinto (Fig. 47). Tuttavia, per trasformare tale ottimismo dichiarato in un atto di acquisto concreto, il veicolo elettrico dovrà compiere ulteriori progressi e rassicurare i più diffidenti, in particolare per quanto riguarda la batteria, centro nevralgico delle preoccupazioni, con indubbiamente la famosa esperienza cliente come strumento fondamentale di adesione. Per abbandonare definitivamente uno scenario fantastico e imporsi nella realtà.

     

    SINTESI - IL VEICOLO ELETTRICO IN PROCINTO DI TROVARE LA SUA GIUSTA COLLOCAZIONE

    Tra l’edizione 2012 de L’Osservatorio dedicata al VE e la presente pubblicazione 2019, le tecnologie, le infrastrutture e il quadro normativo relativi al VE hanno registrato dei progressi. E le percezioni e le intenzioni delle famiglie si sono anch’esse evolute. Con il tempo, le comunicazioni e i primi esemplari in circolazione, le persone hanno progressivamente imparato a conoscere la novità. A riprova di ciò, la mancata fiducia nella tecnologia che, nel 2012, rappresentava la terza ragione per non effettuare l’acquisto, si attesta oggi al sesto posto. Le esigenze espresse dagli automobilisti rispetto al VE non sono invece cambiate nel corso degli ultimi anni, in particolare in termini di prezzo d’acquisto e di autonomia, che rimangono i principali freni all’adozione di un VE. Nonostante ciò, si osservano interessanti variazioni positive per quanto riguarda gli indiscutibili risparmi a livello di utilizzo. Sono ormai percepiti in modo decisamente migliore e probabilmente meglio valorizzati in quanto la quota di intervistati disposti a spendere di più in Europa per l’acquisto di un VE è aumentata di 7 punti rispetto al 2012. È un dato di fatto che, sotto tutti gli aspetti, i progressi si notano e il VE fa passi avanti. In alcune regioni del mondo, le vendite registrano una tendenza nettamente crescente, ma per fare in modo che tale slancio si generalizzi, sarà necessario l’impegno di tutti i soggetti interessati. Gli Stati devono continuare a erogare finanziamenti per gli acquisti, a sostenere lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica e l’introduzione di flotte di carsharing elettriche. Le case automobilistiche e i produttori di componenti devono ancora innovare e realizzare dei progressi a livello di tecnologie delle batterie. Gli esperti in campo energetico sono tenuti, dal canto loro, ad adeguare la produzione e le reti energetiche al VE. Il futuro del VE, coinvolge tutti, ma lo sforzo aggiuntivo da compiere riguarda sicuramente le famiglie acquirenti. Finora, la loro ostinata ricerca di autonomia comporta l’installazione di batterie sempre più complesse e più pesanti... e quindi più costose.
    Uscendo dal paradigma dell’auto tuttofare e accettando di acquistare un’auto che coprirà il 95% delle loro esigenze, supereranno effettivamente la doppia barriera e il circolo vizioso “prezzo/autonomia” che li frenano. E una volta superata questa fase, l’esperienza norvegese dimostra che non si può più tornare indietro. I dati a livello locale indicano che soltanto l’1% di chi possiede un VE non prevede di sostituirlo con un altro VE. Una volta soddisfatte tutte le condizioni, il VE spiccherà il volo e offrirà i vantaggi promessi in termini di risparmio e di eco-sostenibilità. Potrà quindi trovare la sua collocazione e solamente la sua giusta collocazione. Sarebbe illusorio, inutile e perfino pericoloso aspettarsi ed esigere un’egemonia totale del VE e la scomparsa dei veicoli termici. Ancora una volta, il caso emblematico della Norvegia, in cui da diversi anni sono in essere tutte le condizioni economiche, tecniche e sociali per massimizzare le vendite di VE, dimostra che i veicoli termici non ricaricabili affascinano ancora un automobilista su due.

  • Capitolo 4 I PAESI DE L'OSSERVATORIO
    Capitolo 4

    I PAESI DE L'OSSERVATORIO

    L’indagine sulle opinioni degli automobilisti in relazione ai loro veicoli elettrici è stata condotta in 16 paesi, in Europa e nel mondo. Nelle pagine seguenti si riportano le intenzioni di acquisto e le ragioni per il non acquisto espresse dagli automobilisti intervistati divise per singolo paese.

    SUDAFRICA

    GERMANIA

    CINA

    SPAGNA

    STATI UNITI

    FRANCIA

    ITALIA

    GIAPPONE

    MESSICO

    POLONIA

    PORTOGALLO

    REGNO UNITO

    TURCHIA

    BELGIO

    Brasile

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Specializzata dal 1984 nel credito alla famiglia per l'acquisto di beni e servizi ad uso privato, è parte di BNP Paribas, primario Gruppo Bancario internazionale.

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